
ipenso agli istanti di quel giorno di settembre, all’attimo esatto in cui ho scattato questa fotografia. Sono passati ventidue anni da allora, di quel momento sono rimasti dettagli inutili, mi sembra ancora di sentire quel vento leggero e quell’odore di pineta, il resto è andato perso. I miei occhi sono calamite che non riescono a staccarsi da questa immagine, mi sono completamente estraniato dal resto del mondo, il rumore è diventato semplice sottofondo ai miei pensieri mentre alcuni ricordi fanno capolino nel mio cuore. Una lacrima riga il mio viso, una sola, poi le labbra si schiudono in modo quasi impercettibile per lasciar spazio ad un sorriso. Passo le mie dita su questa carta ruvida come se potessi accarezzarne il viso. Oggi mio padre avrebbe compiuto settantatré anni. Chissà che uomo meraviglioso sarebbe stato a questa età. Uno di quegli uomini con la barba lunga, pieni di saggezza, sempre pronti a dispensare buoni consigli. Me lo immagino così.
Stai bene papà? Da poco mamma è venuta a farti visita e mi piace immaginarvi di nuovo insieme. Al solo pensiero mi si riempiono gli occhi di lacrime e sento un nodo stringermi la gola.
Non riesco più a ricordare la tua voce, ho dimenticato il profumo della tua pelle e la forma delle tue mani. Tutto questo mi fa soffrire, il dolore col tempo ho imparato a gestirlo e a nasconderlo bene, ma è rimasto in sottofondo, come musica. Sono cresciuto sai papà, e mi sono un po’ perso per strada. Ma poco alla volta sto ritrovando la direzione giusta, per questo oggi mi trovo qui.
In tutti questi anni senza di te ho indossato una corazza per difendermi dalla nostalgia, per andare oltre le mancanze, per non vivere la mia vita solamente nel ricordo. Chiuso dentro quella corazza però è stato difficile persino chiedere aiuto, le urla sono rimaste strozzate in gola. Col tempo, quasi
senza rendermene conto, mi sono liberato di un pezzo alla volta fino a rimanere spogliato di ogni protezione. Anziché trovare un responsabile cui attribuire le mie colpe, ho deciso di chiedermi se era quella la vita che avevo sempre sognato per me e ho fatto il possibile per cambiarla. Il ragazzo spensierato che ricordi è volato via con te, non voleva lasciarti solo in quel lungo viaggio così ti ha seguito. È rimasto un uomo confuso e disorientato, che ha sempre cercato il suo posto nel mondo procedendo per tentativi. “Te la caverai…” mi dicevano tutti. Ma io non volevo cavarmela, io volevo essere felice. Sentivo di meritarlo. Al tempo pensavo che nessuno potesse capire quello che provavo, come se il dolore fosse una mia esclusiva. Troppe volte mi sono nascosto dietro i miei alibi, ma è più facile trovare delle attenuanti ai propri fallimenti che fare la cosa giusta. Dire “Sono fatto così…” non è mai una giustificazione ma solo una resa incondizionata. Vorrei essere felice papà, di quella felicità delirante che ti lascia senza fiato.
Ho ancora tanti progetti da portare a termine, sono sicuro che ci riuscirò prima o poi, in fondo sono rimasto il ragazzo ottimista e curioso di un tempo. Non vedo l’ora di sapere cos’ha in serbo la vita per me. Vado a prendermela, papà. Sono stanco di aspettare. Con la scusa del nuovo lavoro sto cercando di proiettarmi altrove, sono in cerca di cambiamenti radicali anche se, poi, quando mi affaccio sulla porta di una nuova opportunità, dopo anni di confortanti abitudini sono sopraffatto dalla paura di sbagliare. Ma stavolta sarà diverso, te lo prometto. Come puoi notare non mi sono ancora rassegnato all’idea che tu possa sentirmi, volevo solo dirti che andrò avanti per la mia strada e cercherò di fare del mio meglio per essere felice, adesso ho capito cosa voglio dalla vita e chi sono veramente. Tu butta un occhio da lassù…